Il tortuoso intrico viario tipico di un territorio montano non si è imposto, in passato, quale insormontabile ostacolo alla diffusione di prodotti e modelli culturali. Alle asperità naturali si è, infatti, ovviato, sin dall’età del Bronzo, con i tratturi (anche se il termine tratturo è stato usato solo dal 1480 per indicare il percorso degli animali durante la transumanza).
La loro presenza ha permesso ai pastori locali di spostarsi con le greggi in zone più miti durante il rigido periodo invernale, prediligendo, invece, d’estate, le erbe officinali ed i rifugi naturali delle grotte e delle dolci valli del monte Alpi e del monte Raparo.
La nascita dei primi tracciati stradali è, quindi, legata al sistema economico locale, imperniato quasi esclusivamente sull’allevamento ed alla pratica primordiale della transumanza.
I tratturi per la transumanza iniziarono ad essere ampiamente utilizzati non solo dagli allevatori con le loro mandrie, ma da chiunque avesse necessità di spostarsi. Percorsi, a piedi o a dorso di muli e asini, fino al secolo scorso, dagli abitanti di Castelsaraceno per gli spostamenti soprattutto in occasione di fiere, o per l’acquisto di generi di prima necessità come il sale; o quando periodicamente mietitori, macchiaioli e raccoglitori di olive si spostavano per lavoro verso la piana di Eboli e nel Metapontino.
Tra ottobre-novembre e maggio il principale tratturo che toccava il territorio di Castelsaraceno era percorso da migliaia di capi ovicaprini e bovini. Lungo l’asse principale, che seguiva la dorsale tra l’Agri ed il Sinni, si aprivano le diramazioni che portavano i pastori nel Materano durante l’inverno. La durata della transumanza variava a seconda dei luoghi, del tipo di bestiame e delle stagioni. Lungo il percorso si erano quindi sviluppati luoghi di sosta e ristoro con recinti e taverne (una di queste viene ricordata nei pressi dell’incrocio per il bosco Favino).
Questo tratturo aveva la sua naturale continuazione verso il Tirreno ed era percorso anche dagli abitanti in occasione del pellegrinaggio al monte Gelbison, nell’alto Cilento. È stato ipotizzato che lo stesso tratturo costituisse un’importante via istmica, congiungendo la costa ionica con quella tirrenica, seguendo la dorsale interna, mettendo in comunicazione, oltre alle coste, le vallate dell’Agri e del Sinni, attraverso le stesse diramazioni della transumanza.